23 Ott 18

Centro storico senza i segni del potere

Incontro Vladimiro Placidi, assessore ai beni culturali della passata Giunta. Uomo di cultura, con lui abbiamo recuperato l’ex Mattatoio, promosso la sponsorizzazione Eni per la Basilica di Collemaggio, con la scultura ambientale di Beverly Pepper, stimolò i lavori sulle mura urbiche, risolvemmo anche il nodo sui lavori del San Filippo, abbastanza intricato per la proprietà miste che lo circondano. Placidi è un profondo conoscitore della storia della nostra città e del territorio.


Quasi dieci anni dal sisma del 6 aprile 2009…
La ricostruzione pubblica è ferma. Quando vive un centro storico? Quando è abbandonato possiamo definirlo centro storico? Chiede retoricamente. Nelle epoche passate anche le più antiche, gli agglomerati diventavano centri storici quando avevano al loro interno i segni del potere, un municipio, una chiesa, teatro e servizi, l’edilizia pubblica è fondamentale per rivitalizzare un centro storico.

Com’è stata impostata la ricostruzione pubblica?
Nel decreto 24 del 2010 inserimmo una dozzina di edifici pubblici di proprietà del Comune dell’Aquila, ricorda, c’era una relazione molto stretta tra Regione, Provveditorato ai Lavori pubblici, Sovrintendenza e commissario alla ricostruzione, ognuno con le proprie competenze.  Oggi ci crediamo ancora?Abbiamo maturato che la ricostruzione pubblica rende vivo un centro storico? Si chiede ancora.

Abbiamo fatto l’asse centrale che ricomincia a vivere.
Ma non ci sono uffici postali, non ci sono scuole, non c’è alcun bisogno di andare in centro storico, eppure c’è una correlazione fondamentale con la ricostruzione di servizi pubblici. Chi spinge per riprendere il discorso della riappropriazione degli spazi all’interno delle mura? La Sovrintendenza molto poco, il Provveditorato poco, il Comune pochissimo. E’ tutto fermo. Il Duomo con la cattedrale di San Massimo ed il simbolo che rappresenta, i ritardi su Palazzo Margherita e sull’ex liceo scientifico, è fermo anche il convento di San Bernardino e sul Teatro stabile mancano i fondi per proseguire. 

Come stimolare di nuovo il processo di ricostruzione pubblica?
Non c’è un luogo per incontrare gli attori e non c’è stimolo, ma il Comune capoluogo prima dovrebbe essere risolutivo per se stesso e poi confrontarsi con gli altri enti. Tutto quanto è in atto è frutto del decreto 24 e dell’attivazione di Accordi di Programma come sul Teatro Stabile d’Abruzzo, sulla De Amicis e su San Bernardino. Come si rivitalizza un percorso? Dovremmo chiederci cosa vogliamo fare. 

Chi dovrebbe intervenire oltre la politica?
Nell’amministrazione manca un dirigente ai beni pubblici, oggi un ufficio per la ricostruzione pubblica non c’è più, non rispondono. C’è un concorso da dirigente concluso ma è tutto fermo. E in effetti sono le dinamiche politiche interne alla maggioranza che hanno frenato sugli incarichi, pare infatti che manchi la quadra e la città resta appesa. Se non hai un ufficio dedicato, spiega ancora, non ti organizzi, devi fare le progettazioni esecutive e le gare, nessuno ti riconoscerà deroghe agli appalti pubblici oggi come oggi. 

Spesso le aggiudicazioni sono oggetto di ricorsi e ritardi.
Siamo comunque fermi e senza progetti esecutivi. Sul ponte di Sant’Apollonia c’era la gara ma non sono mai stati consegnati i lavori, l’Università aveva redatto un progetto ma è tutto bloccato, sarà adesso molto più complicato con la demolizione della palazzina ex Banca del Fucino. Non si può parlare di gara se mancano i progetti esecutivi. La chiesa di Santa Maria Paganica mostra solo i resti della copertura di dieci anni fa, ormai stracci al vento, che facciamo rimaniamo così? Cosa dice la Sovrintendenza? 

Anche la cattedrale di San Massimo in piazza Duomo.
La Curia avrà corso sicuramente troppo nelle progettazioni, ma è intervenuta una norma che consente al pubblico di prendere in carico i progetti che affidò la Curia, senza poterlo fare, tale norma resta inattuata. Anche Santa Giusta è ferma, la chiesa di San Marco e Sant’Agostino, nessuno dice più nulla sull’attuazione, i fondi ci sono, i progetti pure. 

I fondi ci sono ma siamo fermi, un paradosso.
E’ necessaria una regia, è fondamentale un coordinamento ma il Comune dovrebbe avere il quadro di tutto, dai tempi, ai cronoprogrammi, alle risorse, per far capire la prospettiva alle persone. Manca la responsabilità verso la ricostruzione civica, chiediamo alle persone di rientrare in centro senza informarle sul cosa accadrà domani, tra un mese, tra un anno o quando riaprirà una scuola. 

Torniamo quindi all’urgenza della ricostruzione pubblica per ripopolare il centro storico.
Chiese, uffici postali, uffici regionali, comunali, direzionale e servizi, sono elementi di richiamo per la gente, sono infrastrutture fondamentali che fanno di un agglomerato una città con un centro storico. Finite le attività di servizio è finito un centro storico, Amiternum lo era, c’era un teatro e funzioni pubbliche, non possiamo affidarci solo al commercio la gente non ci passerà mai. Anche un cinema, è fondamentale.

Ma non sono risposte che avremo a breve, nonostante siamo a dieci anni, ormai, dal 6 aprile 2009.