18 Set 18

Dov’è la cultura e dove gli intellettuali…

Dove sono gli intellettuali, si può parlare ancora di cultura, che fine ha fatto la comunità aquilana e perché è così litigiosa e chiusa, chi sa che non sia il clima e le montagne ad averla forgiata così chiusa e ripiegata su se stessa. Incontro Errico Centofanti in un locale, uomo di cultura e di teatro, scrittore ed intellettuale, chiacchieriamo piacevolmente intorno a questi temi. Non c’è più una comunità, dice, le montagne ci sono da secoli ma prima guardavamo lontano, sapevamo tenere i rapporti e fino al ‘500 crescevamo e diventavamo importanti, la dominazione spagnola ed il sisma del 1703 sono stati colpi pesanti ma la città si è risollevata. Non fu abbandonata e non fu permesso di riedificarla altrove, seppero aprire alle maestranze e ai migliori architetti ma non alla rapina dei costruttori d’Italia. Fu salvato il patrimonio medievale salvabile, ed il resto fu abbattuto e ricostruito in barocco guardando al futuro, la comunità c’era ancora e trovò il modo di ricomporre la città.

Noi? Chiedo.
Abbiamo uno straordinario patrimonio barocco, ma guardiamo a noi stessi e non al futuro. Torna poi alla cornice storica per spiegare come la vita culturale funzioni quando funziona l’economia più ricca fin dal Rinascimento, e la prima crisi che toccò L’Aquila fu quella della lana nell’Ottocento, quando quella australiana sconvolse il mercato europeo e la città senza più mercato deperì con tutte le altre attività. Quindi le due guerre e il fascismo, con la Liberazione ha saputo ritrovare se stessa fino agli anni ottanta quando si è rivitalizzata nel suo complesso, i 5mila posti di lavoro alla Siemens, ex Italtel, la ripresa economica ed ancora la crisi dell’Italtel e della grande industria elettronica, uscita dalla comunicazione mondiale, ed abbandonata dalla politica e dalla grande finanza. In questo scenario storico l’Università non è all’altezza, salvo alcune nicchie tuttora presenti, docenti pronti a prendere il volo per Roma ed aquilani a lucrare sugli studenti con fitti altissimi a nero, senza decenza. Il colpo finale nel 1985, con i decreti craxiani che aprirono l’etere alle tv commerciali che hanno disastrato un Paese e le conseguenze le vediamo ogni giorno. C’era una depressione culturale, aggiunge, già diversi anni prima del terremoto. Dopodiché il 6 aprile 2009 e la distruzione, la città è stata abbandonata e murata dall’Esercito, il grande cuore morto, una comunità dispersa ed un tessuto sociale maciullato, distrutti i rapporti di vicinato e le 19 new town, credo sia stato tutto pianificato, per impedire i rapporti tra le persone in un contesto polverizzato. 

Difficile quindi rigenerare cultura.
Si cerca di fare il meglio, ma non c’è più solidità dell’impianto. 

Tra qualche giorno conferiranno la cittadinanza onoraria a Gianni Letta.
Letta è il simbolo della fase in cui la città è stata completamente distrutta. E’ un uomo di pensiero del Governo Berlusconi sono sbalordito da un fatto del genere.

Com’è la nuova amministrazione.
Non c’è direzione politica di una comunità, non c’è un progetto per l’avvenire, neanche l’ordinario funziona.
 
Non c’è spazio per gli intellettuali?
Ci vorrebbe un terreno sul quale esprimersi, non c’è nelle istituzioni, nei media in generale, non c’è luogo di dialogo, di confronto, di riflessione. E’ una comunità distratta, disattenta e ininfluente non c’è interlocuzione è una fase paludosa.

Il futuro come lo vede?
Si esce sempre dalle grandi crisi, in qualunque tempo è andata così. La speranza è nei giovani che nascono, che nasceranno, se usciranno dal pantano di un’ignoranza dilagante, dalla superficialità, dalla mancanza di uno spirito civico, dovranno trovare le ragioni per ricomporre una comunità, altrimenti resterà una Pompei nonostante i palazzi riqualificati.

Gli chiedo ancora della Perdonanza della sua, Isola sonante, rimasta nei cuori degli aquilani.
Da laico qual è, mi spiega che non è una rievocazione storica, ma un fatto religioso connesso con l’aspetto civile ed al valore del perdono e della riconciliazione con se stessi, nella comunità e per chi crede con Dio. Il corteo storico quindi è solo un riunirsi in pace, per andare insieme alla fonte della riconciliazione. In questo senso l’Isola sonante era un momento d’incontro della comunità, per stare bene insieme una volta che si era riconciliata, ed infatti l’Isola sonante si teneva il 29 agosto dopo la riconsegna della Bolla, simbolo di una comunità spiritualmente rigenerata, che fa festa e gira allegramente per sentire un po’ di musica in piazza, un attore in un vicolo, mangiare la pizza fritta, entrare in una bottega per bere qualcosa. Il fatto che in questa edizione sia stata fatta prima, dimostra che non abbiamo capito nulla. La gente non ne conosceva il vero significato, ma lo avvertiva e l’anima lo percepiva, si condividevano valori.

Un’ultima domanda sulla Capitale Europea della Cultura 2019.
Può darsi siano stati fatti degli errori, spiega, ma la scommessa era pensare di mostrare al mondo, nel decennale dal sisma, la capacità di rinascere. La comunità da sola con le sue forze non ce l’avrebbe fatta, il concorso dello Stato e la sfida da condividere avrebbe significato che fino al 2019, avrebbe dovuto investire per mostrare all’Europa di essere stato all’altezza, e capace di riportare funzioni vitali in un centro storico importante. Il più grande centro storico distrutto in Europa da un sisma, dopo Lisbona nel 1765, era l’occasione per dire all’Europa porto questo risultato. Lo Stato avrebbe dovuto investire molto di più, credo sia stata una scelta politica, non rendere L’Aquila Capitale Europea della Cultura. Amo moltissimo Matera, ma lì l’investimento sarebbe stato più contenuto, magari tra qualche decennio troveremo in qualche archivio romano le ragioni vere di quella scelta.