02 Dic 16

Quando la corruzione è innominabile

Con la prima bufera giudiziaria che investì il cuore dell’amministrazione civica qualche anno fa, pensarono di dover blindare la macchina sulla legalità. Entrò in Giunta come vice sindaco un magistrato, Nicola Trifuoggi e i gruppi di maggioranza più a sinistra videro nella Centrale unica di committenza il controllo di gare e appalti, la roccaforte della legalità, la garanzia. L’anticorruzione a livello nazionale, una nuova legge e la figura di Raffaele Cantone avrebbero fatto il resto, L’Aquila, la città in cui sarebbero girati miliardi di euro pubblici per anni, sarebbe stata la regina della legittimità e della trasparenza. Ricordo il momento. Le dimissioni certe del Sindaco perché vide in quell’inchiesta, che investì il suo vice sindaco dimissionario Riga, e ancora tutta da chiarire, un suo fallimento. Gruppi d’opposizione, gente e comuni cittadini attesero in piazza Duomo la notizia che non arrivò perché Cialente cambiò idea. La studiarono talmente bene a tavolino che l’onta dell’illegalità la ribaltarono sui media, nazionali e locali, ingaggiati per gettare fango sui veri garanti della legittimità, loro, il Sindaco doveva ribellarsi a quella che era stata trasformata in una strategia della pressione e sarebbe rientrato più blindato che mai, forte del nuovo garante Trifuoggi. Da quel momento il Comune dell’Aquila a cui Cialente promise dieci anni fa pareti di cristallo divenne il vero bunker. La Centrale unica di committenza più che funzionare rallenta gli appalti e nessuno controlla, la dirigente responsabile Ilda Coluzzi, non ha mai ruotato da quell’incarico nonostante la norma sull’anticorruzione. A breve ci sarà una nuova rotazione ma neanche la collega incaricata della ricostruzione pubblica De Paulis cambierà incarico e con loro i dirigenti nei ruoli più sensibili. Trifuoggi che non nasconde ambizioni da primo cittadino, non ha avuto quel ruolo terzo atteso, la casa comunale è inaccessibile e la trasparenza su cui ha la delega il magistrato quasi inosservata. Quella bufera giudiziaria ha partorito una cappa sotto la quale non è più necessario vigilare alcunché, perché l’illegalità pare annientata per sempre da qualche forza superiore.