04 Mar 20

L’Aquila, non costruite nella zona ovest

L’Appennino è in movimento e ancora oggi si sta formando. E’ necessario affrontare la paura con la conoscenza. Sappiamo che ci sarà un prossimo terremoto e dunque dobbiamo fare in modo che si costruisca bene. Il Codice edilizio italiano fu presentato per la prima volta proprio all’Aquila nel 1887 e già allora si dava un’indicazione precisa: non costruite nella parte occidentale della città. Il Codice edilizio dava delle indicazioni perfette dal punto di vista geologico. Ed invece il Piano Regolatore dell’Aquila è stato sviluppato nella parte occidentale della città, esattamente dove non doveva essere. Come per il coronavirus, per i cambiamenti climatici e per i terremoti, dobbiamo partire dalla conoscenza.

Così oggi Enrico Miccadei, geologo, docente dell’Università di Chieti, a margine della Convention Nazionale organizzata da Ispra, Società italiana di geologia ambientale e Società geografica italiana a Roma, al palazzetto Mattei, sede della Società geografica italiana.

In Italia la prevenzione è insufficiente per tante ragioni. Le comunità dimenticano i terremoti passati, ha detto Gianluca Valensise dell’Ingv, e dunque con il tempo dimenticano che c’è un rischio sismico. Inoltre ci sono norme in contrasto fra loro. Intere porzioni di territorio come ad esempio la costa adriatica, quella romagnola e marchigiana sono state addirittura declassificate, dagli anni 50 agli anni 80, e dunque nel momento del massimo boom economico lì si costruiva senza norme sismiche. La zona adriatica è osservato speciale perché per tanti anni è stata considerata una zona tranquilla, ma potrà avere una sua sismicità con l’aggravante di essere stata edificata in buona misura, in assenza di norme. 

Abbiamo fatto una ricerca sugli effetti ambientali indotti dal terremoto del 1908 in Sicilia ed in Calabria, e questi dati possono rappresentare il quadro di quello che potrebbe accadere con un nuovo terremoto. Dalla ricerca, ha riportato Valerio Comerci dell’Ispra, è emerso che molte zone lungo la costa messinese e calabrese si sono abbassate di decine di centimetri, come se fossero state richiamate verso il fondo dello stretto e questo ha comportato notevoli danni alle infrastrutture e alle persone. Ovviamente dovesse accadere oggi, l’antropizzazione lungo quelle coste è di certo maggiore rispetto a quell’epoca.

E’ importante censire gli effetti sul suolo avvenuti in passato, ha aggiunto Stefania Nisio dell’Ispra, per avere un’idea più chiara della suscettibilità del territorio. Nelle carte di microzonazione sismica, ad esempio, non vengono riportate eventuali cavità e vuoti sotterranei che dovrebbero essere invece rappresentati. Sarebbe necessario uno studio specifico del territorio italiano in grado di salvaguardare alcuni centri abitati, poiché sono ancora poco chiari gli effetti della propagazione delle onde sismiche laddove vi sono vuoti sotterranei.

Ispra ha il compito di raccogliere i dati geologici sul territorio, tra i quali quelli sulle faglie attive, cavità sotterranee e frane, ha ricordato Claudio Campobasso, Capo dipartimento per il Servizio geologico Ispra, impegno che vede da anni l’Istituto in prima fila nella salvaguardia del nostro Paese.       

In questi giorni in cui il Paese sta vivendo un’emergenza sanitaria con ricadute importanti anche dal punto di vista sociale ed economico, i rappresentanti del Governo e delle Regioni, ha concluso Antonello Fiore, Presidente nazionale della Società italiana di geologia ambientale, Sigea, invocano pareri scientifici sulla base dei quali effettuare scelte politiche, l’auspicio è che continuino anche in altri settori come la prevenzione del rischio sismico. Non dobbiamo dimenticare che nei primi 150 anni dall’unità d’Italia, il nostro Paese è stato colpito da ben 36 terremoti disastrosi che hanno causato più di 150mila vittime e hanno danneggiato gravemente oltre 1.600 località, incluse città come Rimini, L’Aquila, Avellino, Potenza, Cosenza, Vibo Valentia, Reggio Calabria e Messina. Solo negli ultimi 50 anni il costo delle ricostruzioni è stato stimato in almeno tre miliardi di euro l’anno. Senza calcolare il terremoto che ha colpito l’Italia centrale nel 2016. 

La nuova carta della pericolosità sismica ormai pronta, dovrebbe essere la base per ripensare le priorità del Sisma bonus, per cui, oggi, rischiamo di consumare risorse disponibili per adeguare edifici in aree con una pericolosità più bassa rispetto ad altre aree dove l’adeguamento è prioritario; in aree dove la disponibilità economica dei proprietari è maggiore, rispetto ad altre realtà del Paese più fragili, cioè in aree più ricche ma con un edificato meno vulnerabile.