25 Ott 18

Ricostruzione pubblica, labirinto di dati

Venire a capo dei tempi veri della ricostruzione pubblica è impossibile. Una norma del 2015 obbliga tutti i soggetti attuatori a fare dei Piani annuali, sulla base di previsioni pluriennali, che approva Roma, che vuole capire cosa è in corso, cosa è cantierabile e quanto si riesce a fare in un anno. Eventuali ritardi non giustificati porteranno a rimodulare risorse stanziate e disponibili da anni. Criteri specifici, introdotti con la legge 125 del 2015, che dovevano spingere i soggetti attuatori, dal Provveditorato ai Lavori Pubblici al Mibac, dalla Gsa spa all’Ater, passando per i Comuni, la Regione Abruzzo e gli Uffici speciali, a stringere il cerchio attorno ai lavori già avanzati, privilegiando quelli che avrebbero garantito il rientro  delle popolazioni nei centri abitati. Ma non è affatto facile capire questo flusso di dati. L’Ufficio speciale per la ricostruzione dell’Aquila, deve per legge monitorare il flusso finanziario della ricostruzione, sia pubblica che privata, e deve inviare al Ministero dell’Economia e Finanze, lo stato di attuazione degli interventi di ricostruzione al 28 febbraio, al 30 aprile, al 30 giugno, al 31 agosto, al 31 ottobre e al 31 dicembre di ogni anno, almeno dal 2013 perché l’obbligo, entro i trenta giorni successivi ad ogni scadenza, è stato fissato dalla Legge Barca del 2012.
Ora, non è che l’Ufficio speciale chi sa quanto si spenda per informare sullo stato dell’arte, pubblica dei giganteschi file excel, con centinaia di dati che, filtrati come si vuole, dovrebbero fornire conoscenze ed interpretazioni. Ma quanto dialoga l’Ufficio speciale per L’Aquila, ed anche quello per il cratere, retto peraltro sempre da Raniero Fabrizi, con i soggetti attuatori? Come filtra le urgenze delle comunità e su quali tavoli si concordano? Non c’è nulla di tutto ciò e in pochissimi ne sentono l’urgenza. L’unica cosa certa è che da quando è entrata in vigore la nuova norma per i Piani annuali, è stato approvato un primo piano stralcio generale e chi può, come può, pilucca dai nostri fondi. Definito una tantum e non ripetibile, formato da vari interventi da riportare nei successi primi Piani annuali, con relativo aggiornamento, questo Piano ha assegnato 57milioni e mezzo di euro, suddiviso tra Mibac, Regione Abruzzo, Provveditorato ed Uffici speciali, per alcuni interventi, il cui 2.5%, pari a 1,43milioni di euro, è andato, a non saper né leggere né scrivere, alla Struttura di Missione per finanziare servizi di natura tecnica e assistenza qualificata diretti a supportare ciascuna amministrazione nella predisposizione del programma pluriennale e dei Piani annuali. Ma la logica del Piano pluriennale è incomprensibile, mentre come al gioco dell’oca, si torna al punto di partenza. La ricostruzione pubblica va lenta che più lenta non si può e prima che ne verremo a capo, tentando di capire, passeranno ancora anni, a stornare percentuali, l’unica cosa certa, su assistenze tecniche che nessuno rende pubbliche. Che poi c’era pure l’Open Data. Lasciamo perdere. Per oggi.