30 Dic 18

Una Legge per l’Architettura e progetti

Caro Renzo Piano,

Viviamo in un Paese in cui negli ultimi vent’anni i grandi costruttori hanno fatto il bello (poco) e il cattivo tempo, in cui, nonostante la vastità della produzione edilizia, sono pochissimi i quartieri di nuova realizzazione degni di essere indicati come esempi virtuosi per ulteriori realizzazioni in Italia o all’estero, guarda caso tutti o quasi al nord della penisola.
Analogamente non abbiamo assistito alla messa in campo di strategie organiche e diffuse per la valorizzazione e il recupero di qualità del patrimonio esistente.
Questo percorso di decadimento del tessuto fisico ed economico di gran parte delle città si riflette inevitabilmente sull’intero territorio nazionale, dove accanto alla retorica del Paese meraviglioso si levano progressivamente opportunità e spazi di manovra a chi quella meraviglia dovrebbe conservarla, reinterpretarla, rinnovarla; si guarda al passato per incapacità di immaginare il futuro.
La classe politica, finora, non ha capito o non ha voluto affrontare il problema, sono state applicate direttive, leggi e norme che hanno favorito solo la dimensione quantitativa della produzione, col risultato di sostenere sempre chi il lavoro già lo aveva e comunque mai valorizzando chi ha investito sulla qualità; con il risultato che gli edifici pubblici del nostro Paese, le scuole delle giovani generazioni e dei bambini, le piazze e i giardini pubblici delle nostre città sono in massima parte brutti, mal disegnati, sciatti e di veloce deperimento.
Questo nonostante le risorse intellettuali e il valore progettuale di molti dei professionisti italiani siano spesso di altissima qualità e ben riconosciute all’estero.

Renzo Piano

Per questo è necessario cambiare le regole con cui avvengono le trasformazioni del territorio, senza farne di nuove, ma semplificando quelle che esistono e introducendo dei semplici principi capaci di garantire la qualità, come l’esclusività delle competenze dell’architetto sul progetto d’architettura, o il concorso d’architettura obbligatorio per tutte le opere pubbliche e di interesse pubblico, e al tempo stesso, attivando politiche di sostegno alla diffusione dell’architettura.
E abbiamo bisogno che questi argomenti divengano centrali nel dibattito lì dove le regole si fanno, nel nostro Parlamento, poiché da parte nostra come architetti possiamo solo rivendicare principi, ma no di certo scrivere una legge.
Abbiamo bisogno di interlocutori nel potere legislativo capaci di cogliere l’urgenza di questi argomenti che abbiano la competenza e l’autorevolezza per trasformarli in nuove regole.
Abbiamo bisogno di lei, senatore Piano, di un architetto che fonda la sua pratica e il suo pensiero su principi etici indiscutibili, che sono stati di esempio e guida per generazioni di architetti, e per il Paese intero.
E abbiamo bisogno che, oltre agli straordinari progetti esemplari che ha avviato nella sua veste istituzionale, dia il suo indispensabile contributo a riscrivere le regole con cui si costruisce questo Paese. Perché sappiamo che senza regole che valgono per tutti, anche il progetto migliore non può incidere veramente sulla realtà.

 

E’ la lettera aperta a Renzo Piano di Alberto Iacovoni, architetto e membro fondatore dello studio ma0/emmeazero di Roma, scritta nel confronto pubblico aperto da Artribune, sull’urgenza in Italia di una Legge per l’Architettura che restituisca dignità alla qualità progettuale, ai concorsi d’idee, che tolga priorità al ribasso d’asta per migliorare ambienti urbani e paesaggistici, assicurando benessere e coesione sociale.
La qualità architettonica non può essere quantificata, ma valutata da esperti, in un Paese che cambia, tra precariato e scarso riconoscimento ai progetti, studi tecnici interessati più al mercato che ai segni e con Sovrintendenze votate a conservare a prescindere, più che a qualificare il tessuto urbano.
Dovrebbe essere obbligatorio il concorso di idee, ci si affida invece ai tecnici interni agli enti che definiscono le proprie esigenze negli uffici, accontentandosi di meri esecutori della volontà politica.
Il costruttore/esecutore con l’appalto integrato può trasformarsi in progettista, la remunerazione la determina l’offerta economicamente più vantaggiosa e la selezione preferisce capacità finanziaria ed esperienze pregresse, alla proposta progettuale.

Via Sallustio, edilizia

L’Aquila avrebbe dovuto avere maggior responsabilità sulla qualità del tessuto urbano da ricostruire tanto nella committenza privata, quanto in quella pubblica, per cui saremmo ancora in tempo, così da migliorare un brutto andazzo nazionale su cui neanche un sisma ha potuto nulla.
Una Legge per l’Architettura, intervengono i vari professionisti su Artribune, per cominciare a difendere il passato, migliorando il presente e garantendo un futuro dove nessuno potrà più fare come vuole. Ed è un dibattito da non mancare.
L’Italia è il Paese degli abusi e dei terremoti dove crollano ponti ed interi centri storici, a Genova e all’Aquila come ad Amatrice, e dove manca la capacità di progettare e di avere una visione che migliori un futuro che di questo passo non potrà essere che brutto, sempre più brutto.